Incisioni | Accumulazioni metropolitane

Accumulazioni metropolitane | 2009

Installazione di xilografie su mdf su carta di giornale, dimensioni variabili, 32x23 cm circa cad.

 

"Inizio 2010. Si apre un anno e, almeno idealmente, un decennio. Non un anno del consumo, forse un decennio dell’accumulo. Di certo, siamo nell’era dell’Oggetto e, forse, proprio dell’Oggetto Metropolitano. L’avventura di Marina Scognamiglio, artista milanese votata ad una nuova e personale reinterpretazione del genere Still Life, è un’avventura tutta cittadina, consapevole nella scelta dei soggetti da rappresentare, perché sono proprio questi a costituire l’“equipaggiamento” dell’uomo metropolitano (cintura e non bretelle “contadine”; ombrellino pieghevole da ventiquattrore; giornali, giornali, e ancora giornali, una marea di carta stampata al sapore di petrolio); meno direttamente consapevole (forse) per quel che riguarda i sottintesi rimandi semantici e di senso di quella stessa scelta: “cintura” come Cintura Metropolitana; “ombrello”, dai toni acidi, come Pioggia Acida, perché piovosa è, nell’immaginario collettivo, la metropoli del futuro (almeno, da Blade Runner in poi). Saremo più precisi: è un’avventura milanese. Dove altrimenti, ogni mattina, se non nella Milano-di-Sotto, underground, silenziosa e sfuggente in superficie ma così “specificatamente” rumorosa e connotata da “dentro”, dove altrimenti si vedrebbero esposizioni di strani “tappeti” ad accogliere il visitatore all’ingresso, lenzuoli stesi a terra decorati da oggettistica tridimensionale, mutevole a richiesta e a seconda delle stagioni: occhiali da sole, fazzoletti, accendini, cinture, appunto, e ombrellini. Improvvisazioni quotidiane di una mensa del superfluo a basso costo, apparecchiata da mani straniere (nordafricane, indiane o del lontano Oriente) per il passante frettoloso, il pendolare, il cittadino del centro, il provinciale di periferia. E, ad un livello più alto, e proprio alzando gli occhi, dove troveremmo tanta volontà di ripetere, di ribadire, di sottolineare ogni concetto? E’ la Linea rossa? Tutto rosso, carrozze rosse, segnaletica rossa, nome della stazione ricordato ogni cinque metri su striscia di lamiera, stesso carattere per ogni stazione. Così scelse per noi l’olandese designer Bob Noorda (sono sempre stranieri i gran cerimonieri della Milano-di-Sotto). Ma dai finestrini dei convogli, tutti uguali, tutti in fila, la visione è una continua variazione sul tema; variazione di forme, situazioni, tendenze, che non si dileguano, non si dimenticano, forse si evolvono giusto un po’ nel tempo: stazione dopo stazione, certamente si “accumulano” negli occhi di chi vuol vedere. Le buone idee si devono ripetere? La buona arte si può replicare? Andy Warhol ha già detto tutto? E’ inevitabile rifare Andy Warhol se si vuol trattare di città, di contemporaneità? Marina Scognamiglio non cede alla scontata e neppur più giustificabile tentazione di celebrare la mesta società dei consumi. Non ha lo sguardo cinicamente neutro di chi affastella (fintamente) alla rinfusa alte e basse, vere o presunte, icone del moderno; icone già di mortale contraddizione nel momento in cui si fanno oggetto, “consistente”, “pesante”, come foto sulle tombe, dell’effimera civiltà dell’immagine. La nostra artista non cade nella trappola della citazione perché fa un’ode vera alla forma; non è neppure lontanamente nostalgica perché rifiuta il facile richiamo al papier collé d’ascendenza cubista preferendo la via della sperimentazione di inusuali inchiostrature e commistioni con le forme della stampa. Se vuole insegnare a vedere, in-segna, “segna dentro” la matrice di legno delle sue xilografie, con forza di sintesi, tratti decisi e riconoscibili. E i soggetti. E’ una cintura, sì, ma è anche una finestra, quasi un occhio metropolitano da cui si intravede la vita di tutti i giorni, la vita che scorre e non viene mai fermata sul serio da una pagina di giornale; è la vita culturale, politica, economica degli ultimissimi tempi, la vita “pop”, come sa essere popular il colore sgargiante di un frammento di pubblicità, il cartoon disneyano sorpreso in una delle tante inquadrature possibili, la guerra all’ultimo font tipografico per catturare quante più vittime tra i distratti lettori del mattino. Se è crisi dell’informazione, non è certo crisi di carta. Giornali ovunque, giornali per tutti, freschi, gratis e sempre in maggior numero. Ma siamo in città. E, quando non si leggono, i giornali non si usano per incartare le uova ma per incartare ombrelli; non servono a ripararsi da una pioggia improvvisa perché, l’abbiamo detto, piove sempre, e di ombrelli non ce n’è mai abbastanza. Ombrelli colorati, uguali e diversi, oggetti poco durevoli ma dalla studiata forma-design. Non quelli ingrombranti della preistoria tecnologica, dal noioso aplomb inglese, ma ombrelli portatili, svelti, leggeri e richiudibili nella custodia coordinata, status symbol senza complessi dell’uomo milanese contemporaneo. L’artista traccia e fa trasparire, scava e suggerisce, impone con decisione ma consente impreviste e leggere variazioni. Stampa varie copie proprio su carta stampata; inchiostra e annerisce supporti già nati come pagine “nero su bianco”; si apre a effetti di acceso cromatismo accompagnandoli ai colori tenui o appena poco più intensi del giornale che ha sottomano. Fa finto grattage con le cinture; simula un gigantesco e improbabile frottage negli ombrelli. Ma nessuna beffa e nessun inganno. L’arte, come pura volontà creatrice, è sempre in primo piano. La mano dell’artista è presente in tutta la sua evidenza gestuale; la sua sensibilità e intelligenza si rivelano nel pieno controllo tecnico e formale dei risultati. Un nuovo formalismo, appunto, ed una nuova idea di riproducibilità tecnica dell’opera d’arte. Variazioni ed accumulo. Tutto si vede e nulla si lascia di inespresso. Nulla si distrugge. E tutto si ri-crea."

(Eva Valentina Alessandrini)

Accumulazioni metropolitane

Maggio 2011 / Circoloquadro / Milano

Accumulazioni metropolitane

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Accumulazioni metropolitane

Febbraio 2010 / Kriptosmateria / Milano

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